Corte di Giustizia Unione europea, Sez. I, 19/09/2024, C-273/23, Sulla partecipazione degli operatori di telefonia mobile al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale

Condividiamo con estrema soddisfazione la sentenza della Corte di Giustizia UE che ha deciso in senso affermativo, dopo anni di contenziosi sul tema dinanzi al giudice nazionale, la questione pregiudiziale relativa alla possibilità o meno di sottoporre anche gli operatori dei servizi di telefonia al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale gravanti sull’operatore designato.

La questione sorgeva a seguito di rinvio pregiudiziale operato dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 3885/2023, con la quale era stato chiesto alla Corte UE di chiarire, in particolare, se l’art. 13 comma 1 lettera b) della Direttiva n. 2002/22/CE, consentisse alla corrispondente normativa nazionale di imporre agli operatori di telefonia mobile di contribuire al finanziamento del servizio universale senza preventiva verifica di AGCOM dell’esistenza di un rapporto di sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e quelli di telefonia fissa.

La Corte di Giustizia UE, nel rispondere positivamente al quesito, accogliendo le tesi del collegio difensivo di TIM spa, composto fra gli altri dai soci di LCA avv.ti Filippo Lattanzi e Francesco Cantella e dagli avv.ti Marco Zotta, Marco D’Ostuni e Mario Siragusa dello studio CGSH, ha affermato, da un lato, che non è necessaria la prova dell’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e i servizi di telefonia fissa al fine di imporre il contributo finanziario per la fornitura del servizio universale a carico degli operatori di telefonia mobile; dall’altro, che spetta ad AGCOM valutare se gli oneri per la fornitura di servizio universale a carico dell’operatore designato possano essere considerati eccessivi sul presupposto che il deterioramento della posizione concorrenziale di un fornitore di servizio universale, determinata dal carattere ingiustificato dell’onere gravante su di esso, rechi pregiudizio ad una concorrenza effettiva sul mercato interessato, compromettendo la realizzazione dell’obiettivo di garantire la disponibilità in tutta l’Unione europea di servizi di buona qualità accessibili al pubblico. Ora la parola torna al Consiglio di Stato che, sulla base dei principi statuiti dalla Corte UE, dovrà stabilire se gli operatori mobili (fra i quali in particolare Vodafone) dovranno versare circa 50 milioni di euro al Fondo gestito dal Mimit per le annualità dal 2002 al 2009.

Link al provvedimento: Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e a. (Critère de substituabilité) (europa.eu)

 

 

 

Tar Emilia Romagna, Parma, Sez. I, ordinanza n. 213/2022 Sulla delocalizzazione delle sale giochi

Il Tar Parma, con l’ordinanza n. 213 del 2022, in accoglimento della richiesta interinale proposta dalla ricorrente – difesa dagli avvocati Bassi, Cardarelli, Lattanzi e Parachini – ha sospeso la determina con la quale il Comune di Parma ha respinto l’istanza di differimento del termine di delocalizzazione della sua sala giochi fino al compiuto trasferimento dell’esercizio, ritenendo sussistente nel caso di specie un pregiudizio grave e irreparabile.

Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza n. 7969/2022 Sull’omessa dichiarazione di una causa di incompatibilità nel procedimento di nomina di Procuratore aggiunto

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7969 del 2022, accogliendo le censure mosse dagli avvocati Cardarelli e Ciccolo, ha riformato la sentenza del giudice di primo grado e annullato la nomina a Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Roma del candidato che non aveva dichiarato di trovarsi in situazione di incompatibilità rispetto all’ufficio semi-direttivo messo a selezione. Il giudice di secondo grado ha precisato che l’omessa dichiarazione del candidato circa un fatto rilevante “ha di fatto impedito un vaglio effettivo del rilievo – in astratto ed in concreto – della situazione di incompatibilità”.

Tar Campania, Sez. V, sentenza n. 5978/2022 Sul provvedimento di imposizione di servitù

Il Tar Napoli, con la sentenza n. 5978 del 2022, ha rigettato il ricorso di primo grado promosso avverso il provvedimento di imposizione di servitù a istanza di un operatore di servizi di telecomunicazioni, stabilendo che “sono soggetti legittimati all’imposizione di servitù – anche in sanatoria (…) – gli operatori di servizi di telecomunicazioni incaricati di fornire le prestazioni afferenti al c.d. servizio universale che si compendiano nell’insieme minimo di servizi di comunicazione elettronica accessibili a tutti gli utenti nell’intero territorio nazionale, alle medesime condizioni economiche e tecniche predeterminate dall’Agcom, anche a prescindere dalla remuneratività”. Pertanto il giudice di primo grado ha accolto le difese dell’operatore, difeso dagli Avv.ti Abbamonte, Lattanzi e D’Auria, ritenendo che quest’ultimo abbia legittimamente emanato il provvedimento di sanatoria oggetto dell’impugnativa poiché, fermo restando il diritto all’indennità dei proprietari interessati, il potere di asservimento si estrinseca anche nella possibilità di sanatoria rispetto a procedure impositive di servitù relative a servizi di interesse pubblico, compresi quelli previsti dalle leggi in materia di telecomunicazioni, che hanno avuto esito patologico ovvero alla imposizione di servitù di fatto realizzate sine titulo.

Tar Lazio, Sez. II, sentenza n. 12092/2022 Sui motivi di esclusione di un RTI

Il Tar Lazio, con sentenza n. 12092 del 2022, ha respinto il ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione disposto in favore dei primi tre RTI classificatisi in graduatoria. Il RTI ricorrente, classificato al quarto posto, lamentava la mancata esclusione dalla gara del terzo classificato – difeso dagli Avv. ti Prof. Cardarelli, Lattanzi, Cantella e Campugiani – sulla base di un triplice ordine di motivi, tutti dichiarati infondati dal Collegio. L’organo giudicante, accogliendo integralmente le tesi dello Studio LCA, ha affermato in primo luogo l’inconsistenza del primo motivo di impugnazione volto a sostenere la contraddittorietà e ambiguità dell’offerta tecnica della terza classificata, in quanto il presunto contrasto tra la domanda di partecipazione alla gara e la successiva offerta tecnica non può dirsi sussistente qualora il contenuto di quest’ultima appaia chiaro e non equivocabile, ove la preesistenza temporale di una dichiarazione unilaterale si iscrive nel fenomeno della formazione progressiva della volontà negoziale.  Inoltre, la seconda doglianza, afferente alla circostanza secondo cui una delle imprese del RTI terzo classificato sarebbe priva di un centro di servizi certificato, è ritenuta parimenti priva di rilievo ai fini dell’invocata esclusione delle controinteressata atteso che la lex specialis – la quale necessita di una lettura coordinata e armonica – impone il detto requisito soltanto ad almeno un’impresa del Raggruppamento. Infine, la terza censura attorea, secondo cui ciascun RTI avrebbe dovuto offrire – per ogni server di fascia media ed alta – un valore economico necessariamente pari al 90% e 80% del canone offerto per la fascia base, è stata ritenuta dal Tribunale adito meritevole di reiezione poiché le summenzionate percentuali esprimevano soltanto i costi unitari posti a base di gara, e non certo il quantum rigido e predefinito dei prezzi che ciascun RTI avrebbe dovuto necessariamente offrire.

Sulla corretta interpretazione delle lettere c-bis) e f-bis) dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 50/2016

TAR Palermo, Sez. I, 17 dicembre 2020, n. 2910

I giudici di prime cure siciliani hanno annullato l’automatica esclusione comminata da un’Autorità Portuale nei confronti di un’impresa che, in sede di partecipazione ad una gara pubblica, aveva omesso di dichiarare una condanna penale del proprio direttore tecnico.

Il TAR ha in particolare rilevato che, non rientrando la condanna contestata tra quelle previste dal primo comma dell’art. 80 del Codice, avrebbe dovuto essere ricondotta nell’alveo del quinto comma della medesima norma, non potendo conseguentemente l’omissione dell’informazione comportare alcuna esclusione automatica dell’operatore.

Sul punto il Collegio, coerentemente con i principi sanciti dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 28 agosto 2020, ha statuito che la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c-bis) dell’art. 80, comma 5. Conseguentemente, in tali casi la stazione appaltante è tenuta a svolgere una valutazione in concreto circa l’integrità e affidabilità del concorrente senza alcun automatismo espulsivo. Nel contempo, la lettera f-bis) dello stesso art. 80 ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c-bis) della medesima disposizione.

sentenza 2910-2020

Sulla responsabilità amministrativa in materia di raccolta differenziata dei rifiuti nel Comune di Roma

Corte dei Conti, sez. Giurisdizionale per la regione Lazio, n. 255/2020

La sezione giurisdizionale per la regione Lazio della Corte dei Conti ha respinto la domanda della procura regionale di risarcimento dei presunti danni erariali subiti dal Comune di Roma Capitale relativi al mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla normativa in materia di raccolta differenziata dei rifiuti.

Corte dei conti. sent 255 2020 °

Rimessa in via pregiudiziale alla CGUE la compatibilità con il diritto europeo delle misure regolatorie assunte dall’AGCOM sulla cadenza della fatturazione

Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza n. 5588/2020

È stata rimessa alla CGUE la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto europeo delle misure regolatorie assunte dall’AGCOM in materia di servizi di telefonia fissa e mobile. Segnatamente, è stato richiesto al giudice europeo di verificare se siffatte misure – concernenti la cadenza della fatturazione nell’ambito della telefonia fissa -, (i) abbiano un fondamento normativo, (ii) siano coerenti con la corretta applicazione ed interpretazione del principio di proporzionalità e (iii) non determinino una irragionevole discriminazione tra gli operatori di telefonia fissa e mobile.

Ordinanza Tim c. AGCom e Fastweb. CdS n. 5588 2020 °

Concessione per occupazione di suolo pubblico: inesistenza del credito del Comune se non fondato su una convenzione accessiva avente i requisiti formali di legge

Corte di Cassazione civile, sez. I, ordinanza n. 18904/2020

La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha dichiarato inesistente il credito fatto valere da Roma Capitale nei confronti di Telecom Italia, fondato sull’applicazione di una clausola penale. La Corte ha ritenuto che nel caso di specie non veniva in rilievo una convenzione tipica e rispondente ai requisiti normativamente previsti, con la conseguenza che essa doveva ritenersi inidonea a far sorgere un obbligazione in capo a Telecom.

 

Ord Cass Telecom c. Roma Capitale °

CONTRATTI PUBBLICI: Sull’illegittimità della revoca di una procedura di appalto specifico nell’ambito di una convenzione quadro con un soggetto aggregatore regionale

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 5205/2020

Telecom Italia S.p.A. impugnava il provvedimento di revoca della procedura di appalto specifico per l’affidamento dei servizi di connettività, bandita dall’Asl di Taranto fra i sottoscrittori del Contratto Quadro con il soggetto aggregatore della Regione Puglia.  Il Tar Puglia con la sentenza n. 62/2020 rigettava il ricorso; avverso la decisione veniva interposto appello al Consiglio di Stato che, in accoglimento della tesi difensiva dell’operatore economico, riformava la sentenza di primo grado.  Secondo il giudice di appello, la normativa nazionale lungi dallo stabilire una prevalenza delle gare Consip, ha evidenziato di procedere attraverso i soggetti aggregatori con preferenza per le centrali che meglio rispecchino le esigenze delle amministrazioni (v. Cons. Stato, sez V, n. 1937/2018; Cons. Stato, sez. III, n. 1329/2019). Sulla scorta di tali argomenti, valutata l’illogicità dell’azione dell’Asl Taranto e l’illegittimità della revoca ex art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 e ss. mm. e ii., il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento, disponendo  il risarcimento in forma specifica in favore di Telecom Italia S.p.A..

Sentenza CdS 5205-2020